L’importanza dei vigneti tradizionali

2 settembre 2020

La vendemmia è alle porte e, puntualmente, negli scorsi giorni, la Federazione dei viticoltori della Svizzera italiana ha espresso prospettive e previsioni. Il raccolto si preannuncia più che positivo, sia in quantità che in qualità; la beffa, anche in questo settore, è data dal COVID, che ha portato con sé stagnazione delle vendite, giacenze in aumento e incognite sulla determinazione del prezzo dell’uva e il suo smercio.

Lo scenario è perciò preoccupante, anche perché potrebbe spingere diversi produttori ad abbandonare soprattutto i vigneti di collina, la cui gestione è particolarmente onerosa. Per evitare questo scenario, sembrerebbero al vaglio dei progetti a medio e lungo termine.

Nel settembre dello scorso anno ho inoltrato una mozione che va proprio in questa direzione, attualmente al vaglio della Sezione dell’agricoltura e di quella dello sviluppo territoriale. Essa mira a istituire un fondo cantonale che incentivi la salvaguardia e la valorizzazione dei vigneti tradizionali. Questi ultimi sono importanti perché caratterizzano in modo marcato il paesaggio rurale tradizionale e arricchiscono e danno valore diversificato al paesaggio. Laddove i vigneti sono ancora ben tenuti, diventano una sorta di cornice ai villaggi; un loro ulteriore abbandono, in linea con quanto avviene da decenni, contribuirà a privare il nostro paesaggio di un elemento antropico e naturale di qualità, banalizzando inesorabilmente il paesaggio. È un rischio che non dobbiamo correre! I vigneti tradizionali rappresentano una somma di proprietà private, ma il loro insieme delinea qualitativamente il paesaggio culturale. Come già avviene in altri settori (tetti in piode, energie rinnovabili, mobilità sostenibile, agricoltura, …), l’ente pubblico dovrebbe perciò occuparsene in modo sussidiario.

L’idea di un fondo cantonale – da istituire, possibilmente, con i Comuni coinvolti e le associazioni di categoria – potrebbe essere una misura per scongiurare l’abbandono di queste aree di pregio. Dopo la loro catalogazione, occorrerà naturalmente identificare dei criteri oggettivi per l’incentivo finanziario (superficie, numero di piantine di vite, elementi tradizionali di pregio, …), che potrebbero poi essere ulteriormente suddivisi per tipologia d’intervento (“semplice” mantenimento del vigneto, rinnovamento completo con interventi tradizionali, utilizzo di prodotti fitosanitari ecologici e non inquinanti, stimolo alla lavorazione del frutto, ...). Interessante, poi, sarebbe individuare nuove e innovative modalità di lavorazione e gestione di questi vigneti, magari attraverso collaborazioni tra privati ed istituzioni, consorzi, fondazioni con scopi di coinvolgere persone senza occupazione.

È quindi essenziale provare ad invertire la tendenza di questo impoverimento paesaggistico, che sarebbe irreversibile. Se è vero, come afferma l’enologo e insegnante a Mezzana Nicola Caimi, che la viticoltura di collina è “eroica e spaccaossa perché la meccanizzazione è poca ma il sudore tantissimo”, e mi sembra sia vero, è importante occuparcene seriamente. Oltre a provare ad invertire la tendenza del loro abbandono (o almeno a non accentuarla), gli incentivi finanziari (destinati in particolare ai piccoli produttori e agli hobbisti) servirebbero a riconoscere il contributo personale dei “viticoltori eroici” alla salvaguardia paesaggistica generale e, perché no, provare a trasmettere un’immagine (pro)positiva della viticoltura tradizionale, da… coltivare con passione e interesse. Potrebbe, infine, essere l’occasione per coinvolgere anche i giovani e riscoprire i benefici che si manifestano svolgendo un’attività a contatto con la natura. 

Aron Piezzi
Deputato del PLR