Scuola, fra schermi ed empatia

5 marzo 2020

Nella vita, e a maggior ragione in campo educativo, è importante saper dire di no e porre dei limiti. È questione di senso di responsabilità. Infatti, anche “i no aiutano a crescere”, come titola un libro della psicoterapeuta Asha Philips; certo, devono essere motivati e autorevoli. Sono le regole il fondamento dell’ordine in una società democratica; anche la libertà non prescinde dalle regole!

È una premessa, necessaria, in merito al tema discusso qualche settimana fa in Gran Consiglio “smartphones a scuola”, che ha votato il rapporto di Alessandro Speziali volto a giustamente regolamentare l’uso degli smartphones nella scuola dell’obbligo.

L’oggetto in questione permette di interrogarsi, più in generale, in merito alle nuove tecnologie e al loro impatto su questioni pedagogiche, didattiche e di sviluppo dell’apprendimento nei nostri giovani.

Innanzitutto, in nome di una presunta libertà personale, c’è chi considera lo smartphone un privilegiato supporto didattico per gli studenti in aula (della scuola dell’obbligo, si badi bene!). Mi permetto di dissentire. Ricordo che lo scorso anno il Gran Consiglio ha approvato un credito di oltre 47 mio di Fr. per l’informatizzazione delle scuole cantonali: è in questa direzione che occorre andare, ossia fornire i mezzi tecnologici adeguati alle scuole (e non le famiglie)! Comunque un aspetto ancora più importante, non puntualizzato a sufficienza dal DECS, è pensare ai motivi pedagogico-didattici e agli obiettivi che spingono il Cantone ad andare in questa direzione, come pure all’essenziale tema della formazione dei docenti per questo settore specifico. Il rischio è che ci si doti degli strumenti tecnologici, ma poi – senza la definizione del “contesto educativo” attraverso questa innovazione tecnologica si sviluppa – la loro efficacia venga meno.

Recenti ricerche specialistiche, infatti, i cui risultati sono esposti nel libro di Marco Bui “Il digitale a scuola. Rivoluzione o abbaglio?”, evidenziano in particolare tre importanti aspetti: 1) L’immissione di strumenti digitali nella scuola, senza anteporre le finalità educative per il bene degli adulti di domani, non ha migliorato l’apprendimento negli studenti. 2) Ciò che oggi serve di più ai nostri figli, e di cui anche la scuola si dovrebbe occupare, non è la digitalizzazione della didattica con l’introduzione delle nuove tecnologie, bensì la promozione dello sviluppo di un uso consapevole dei media. 3) Non c’è alcuna evidenza che porti a pensare allo smartphone come ad uno strumento adatto a essere utilizzato con continuità nella didattica scolastica.

Sono conclusioni che sorprenderanno probabilmente alcuni; non chi, come il sottoscritto, sa che accanto alle nuove tecnologie nella scuola (da introdurre con consapevolezza) servano piuttosto relazioni reali, empatia e approccio umano. Che portano a dire, come afferma il noto psicoterapeuta Alberto Pellai, che nella scuola di oggi ci vogliono “meno schermi e più umanizzazione, educazione emotiva e vita sociale.”

Non bisogna mettere in contrasto queste visioni sul futuro della scuola, ma individuare – senza pregiudizi e con spirito critico – quel giusto equilibrio per la crescita cognitiva e morale dei nostri allievi. Guai, cioè, a privilegiare le nuove tecnologie a scapito delle relazioni umane!

Aron Piezzi
Gran Consigliere del PLR