Per vivere la montagna

10 dicembre 2020

Anche a seguito della pandemia, la montagna è diventata meta apprezzata e protagonista di riflessioni. I benefici che le zone periferiche offrono sono sempre più evidenti; spesso vengono pure invocati nuovi modi di vivere, improntati a un maggior equilibro tra uomo e territorio.

Lo storico e giornalista Orazio Martinetti, in un recente articolo su Azione, si esprime in merito, cogliendo appieno la problematica: “osservare le terre alte dal basso, ossia dai centri urbani congestionati e frenetici, non è come abitarle quotidianamente, affrontare stagione dopo stagione le attività agresti con le loro asprezze.” Di primo acchito mi sono tornati alla mente il dibattito sulla nuova legge sulla caccia e la questione della convivenza con il lupo.

La montagna è in difficoltà soprattutto per il calo demografico. L’arresto di questa tendenza è indispensabile per intravvedere un loro futuro dignitoso. Oggi si fa un gran parlare di Città Ticino, le cui montagne, tuttavia, faticano a identificarsi. Considerare esse unicamente come luogo di rifugio e svago dalla pandemia, o dallo stress in generale, è profondamente sbagliato: sempre come dice Martinetti, “vuol dire ignorarne le esigenze vitali, i bisogni di coloro che, fra mille difficoltà, non intendono cedere al richiamo della pianura”.

La vera sfida, non solo per i politici, è individuare delle vie per ripopolare la montagna partendo dalle proprie specificità e molteplici ricchezze, promuovendo gli indubbi vantaggi che essa offre anche dal punto di vista della qualità di vita. Ma alla tradizione deve seguire uno sguardo innovativo e creativo. Perché occorre evitare tanto la museificazione quanto la colonizzazione urbana: entrambi questi scenari mettono a repentaglio la cultura alpina e creano problematiche sociali di vario genere.

Proprio a questo proposito, sempre in questi giorni, su LaRegione è apparsa una presa di posizione della Fondazione per la tutela del paesaggio contro il progetto di metro alpino tra la Formazza e Bosco Gurin, che trova per contro l’adesione dei Comuni valmaggesi e del Cantone. Il villaggio della Rovana, conosciuto ed apprezzato sia per i suoi impianti di risalita ma pure con la cultura walser, si sta opportunamente orientando vero un turismo destagionalizzato. Tra gli altri, il progetto di collegamento su rotaia con la Formazza rappresenta un tentativo sostenibile ed innovativo di messa in rete di realtà alpine, volto a rilanciare le rispettive dimensioni socio-economiche ma altresì desideroso di mantenere quelle che sono le proprie peculiarità paesaggistiche e culturali. È chiaro che queste intenzioni potranno decollare solo con l’essenziale coinvolgimento di tutti gli attori, locali e non. Prima di giudicare, però, è importante conoscerne a fondo contenuti ed obiettivi. Lo stesso discorso vale per un’altra proposta di collegamento alpino, quello tra Lavizzara e Leventina: anche qui si è in fase di progettazione e ovviamente gli aspetti di sostenibilità ambientale e finanziaria saranno decisivi. Le valli dell’arco alpino abbisognano di apertura (anche mentale), non per volontà di espansionismo ma per individuare nuove opportunità, non legate al traffico di transito e neppure al turismo di massa.

Sempre in tema di creatività e innovazione, è di qualche giorno la notizia di un’iniziativa imprenditoriale in Valle di Peccia, in cui una coppia di giovani avvierà la produzione di pettorine in cuoio per cani guida di non vedenti fatte a mano. È un ottimo esempio d’intraprendenza privata e originalità, portatore di fiducia nel futuro anche in una zona discosta.

Insomma, le montagne, ma ovviamente pure la politica ad ogni livello, devono attivarsi per rilanciarsi, a maggior ragione con i tempi che corrono. Bisogna mettere al bando estremismi ideologici e invece al centro la relazione tra uomo e natura, privilegiando la dimensione abitativa ed occupazionale e superando gli stereotipi di montagna-vetrina (solo a disposizione della popolazione urbana per taluni periodi dell’anno). Per vincere questa ardua sfida occorre saper coniugare vitalità sociale, comunitaria ed economica con la necessità di tutelare il proprio patrimonio culturale e paesaggistico.

Aron Piezzi
deputato del PLR