Preventivo 2023 DECS
13 settembre 2022
Presidentessa del Gran Consiglio, Onorevoli Consiglieri di Stato, colleghe e colleghi,
il Parlamento nel giugno del 2020 decise l’abolizione del numero chiuso per l’anno passerella al liceo di Bellinzona, seguendo una mozione presentata da Massimiliano Ay. È giusto precisare che il CdS era contrario all’adozione della proposta, mentre il GC ha approvato il rapporto commissionale nel quale si chiedeva però espressamente di “effettuare una valutazione dopo due anni dei risultati ottenuti dagli iscritti al Corso passerella”, anche per proporre eventuali correttivi. Sembrerebbe che il primo anno abbia presentato una situazione piuttosto problematica con 120 studenti iscritti, di cui solo 1/3 ha superato l’anno. Se ciò fosse confermato, sarà importante chinarsi sulla tematica, nonché migliorare l’impiego delle risorse e la condivisione di soluzioni tra CdS e GC.
Cambio tema e rilancio quello dell’inclusione a scuola. Già nel mio intervento a nome del PLR in relazione al consuntivo 2020 del DECS salutavo con soddisfazione la nascita del progetto “ripensare l’inclusione”, in chiave critica e certamente costruttiva. Visto che se ne parla anche nel preventivo 2023, vorremmo sapere a che punto è questo progetto, nella consapevolezza che l’inclusione sia importante, individuando però modalità equilibrate ed arricchenti per tutti, docenti compresi.
Pensando al prossimo anno, è evidente proporre alcune riflessioni sul tema del superamento dei livelli alla Scuola media e sviluppare la posizione del PLR, favorevole al superamento senza però firmare cambiali in bianco, farsi ricattare dalle tempistiche e promuovendo approfondimenti seri. Anche in questo momento, come era già avvenuto ad inizio anno con la prima proposta del DECS, siamo confrontati con una proposta fragile, criticata da più parti, soprattutto dal mondo della scuola. A noi non soddisfano soprattutto l’approccio messo in atto e i contenuti del messaggio governativo.
Innanzitutto spiace rilevare la consueta mancanza di autocritica da parte del DECS, l’incapacità di proporre soluzioni che abbiamo un minimo di consenso, la cocciutaggine di promuovere unicamente il proprio pensiero a scapito di un reale confronto con altri modelli pedagogici.
Noi rivendichiamo, e ci mancherebbe, il diritto a fare le nostre proposte, e a criticare quelle che a nostro avviso non sono positive ed efficaci per la scuola. Che non si venga a dire, poi, che sono giochetti politici da campagna elettorale: lo stesso discorso si potrebbe fare con l’insistenza del DECS di portare il tema entro fine legislatura. La scuola merita ben altre argomentazioni e scelte convincenti; tutti noi, invece, ci siamo resi conto in queste settimane come troppi elementi ritenuti cardine nel messaggio in questione si siano sciolti come neve al sole.
Infatti, il messaggio governativo del 26 ottobre 2022 diceva che il DECS ha scelto il modello "del collegio dei direttori di scuola media". Se è pur vero che è da mesi che tra direttori si discute del tema, sappiamo che solo DOPO (!) il licenziamento del messaggio è stata fatta una discussione critica tra direttori ed esperti di materia, che poi hanno evidenziato all’indirizzo del DECS le proprie criticità al modello. Ma come: era definito il modello dei direttori e immediatamente DOPO il licenziamento del messaggio essi lo criticano piuttosto apertamente? Qualcosa evidentemente non quadra.
Sempre nel messaggio si dice che un "aspetto centrale e innovativo del modello proposto" è la co-docenza. Anche qui, dopo aver dato voce ai direttori, emerge che la co-docenza viene accantonata, e al suo posto è proposto il cosiddetto setting pedagogico. La giustificazione della dirigenza del collegio dei direttori è stata la seguente: "Non eravamo in chiaro neppure noi". Cioè: il collegio dei direttori avrebbe proposto un proprio modello in cui l'aspetto centrale è la co-docenza, il DECS lo fa proprio e lo ufficializza attraverso un messaggio e ora, quasi come se niente fosse, si cambia rotta con giusitificazioni che non possono che imbarazzare. Evidentemente c’è chi non la racconta giusta. Dovremmo stare in silenzio e approvare questo modo di agire, per un tema così importante?
Abbandonando il setting pedagogico e ritornando al concetto di co-docenza, segnalo un articolo apparso del 2015 su Scuola Ticinese, noto quindi al DECS. Dopo alcune esperienze e sperimentazioni in Ticino, si evince che essa potrebbe essere una pratica da diffondere maggiormente nella Scuola media, a patto che l’adesione sia volontaria e non generalizzata, con il forte rischio, per quest’ultima modalità, di creare addirittura effetti controproducenti. Con la proposta sul tavolo, il Ticino potrebbe diventare l’unico posto al mondo (forse esagero un po’…) che ha l’intenzione di generalizzare la co-docenza nella sua organizzazione scolastica, in un biennio, invece, in cui secondo noi si dovrebbe proporre, accanto a tronchi in comune, percorsi diversificati per contenuti e approfondimento. Anche il fabbisogno di docenti di matematica e tedesco è assai problematico, aspetto su cui non ci si sofferma abbastanza: servirebbero oltre 60 docenti al 100%, quindi in realtà molti di più per il fatto che alcuni docenti operano a percentuale ridotta. Già ora sono materie in cui si fatica ad avere docenti formati; immaginiamoci con il modello in questione. Probabilmente occorre guardare oltre, e individuare altre modalità operative per il superamento dei livelli. Spiace che il DECS non abbia per nulla considerato la nostra proposta, che tra l’altro ha dei punti in comune con quella del Centro: entrambe intravvedono delle opportunità focalizzando l’attenzione su competenze, bisogni, motivazioni ed interessi dell’allievo, promuovendo percorsi diversificati nei contenuti, di pari dignità.
Sempre ritornando al messaggio governativo, viene infine auspicato "l'accoglimento di un rapporto parziale, un segnale politico positivo entro dicembre 2022 a favore dell'avvio da settembre 2023 della fase sperimentale." Ma anche qui sono proprio i direttori (e pure, da quel che abbiamo saputo, parecchi plenum dei docenti che si sono espressi e gli esperti) che – in queste ultime settimane – hanno escluso che la sperimentazione possa iniziare nel 2023 (a parte eventuali sedi che spontaneamente vorranno iniziare). Da segnalare, poi, che il modello proposto sembra più un’implementazione a tappe che una sperimentazione adeguata e seria. Tra l’altro, non si vuole nemmeno attendere una valutazione sull’efficacia dei laboratori nel primo biennio della Scuola media, introdotto ormai tre anni fa.
Siamo dell’avviso che per un tema così importante occorreva un ben altro approccio operativo e un vero coinvolgimento del mondo della scuola, prima del messaggio governativo, al fine di proporre, finalmente, una soluzione concordata. Ma quello che abbiamo sul tavolo è un modello che traballa ogni giorno sempre di più; si spaccia come modello che viene dal basso, quando invece non lo è. Direttori e docenti chiedono tempo, e noi cosa dovremmo fare? Perseverare nell'errore della fretta e furia, già presente in occasione del messaggio di inizio anno? Per avere successo, non solo nel mondo della scuola, ci vuole condivisione! Non si tratta, quindi, di “menare il can per l’aia”, come detto dal direttore del Dipartimento Manuele Bertoli; ma di affrontare seriamente e criticamente la questione, senza sposare soluzioni che sembrano sempre di più improvvisate.
Concludo riprendendo un concetto di Fabrizio Sirica, apparso recentemente sulla stampa: “Con la co-docenza ci saranno più insegnanti e più attenzioni rivolte agli allievi.” Da docente, rispondo che la scuola e i suoi allievi non hanno bisogno di più insegnanti e più attenzioni; ma, per il secondo biennio della Scuola media, hanno bisogno di attenzioni diverse, volte a valorizzare le qualità di ognuno di loro.
Grazie dell’attenzione.
Aron Piezzi
per il gruppo PLR