Interventi

INTERVENTO PER IL GRUPPO PLR Sul rapporto della Commissione formazione e cultura sulla mozione del 17 settembre 2018 presentata da Giorgio Fonio e cofirmatari “Vietiamo gli smartphones nelle scuole dell’obbligo” (messaggio n. 7651 del 3 aprile 2019 n. 7651)

17 febbraio 2020

Presidente del Gran Consiglio, Onorevoli Consiglieri di Stato, care colleghe e cari colleghi,

nella vita, e a maggior ragione in campo educativo, è importante saper dire di NO e porre dei limiti. È una questione di senso di responsabilità. Infatti, anche “i NO aiutano a crescere”, come titola un noto libro della psicoterapeuta Asha Philips; certo, devono essere motivati e autorevoli.  

È la prima osservazione che, a nome del gruppo PLR, mi sento di fare, portando il sostegno al rapporto di Alessandro Speziali. Sottolineo che le regole, in generale, sono il fondamento dell’ordine in una società democratica. Anche la libertà non prescinde dalle regole! E ciò, a maggior ragione, vale anche per il tema in oggetto.

Il rapporto di Alessandro Speziali, firmato da tutti i commissari della commissione formazione e cultura, seppure con alcune riserve, va proprio in questa direzione. Si tratta di un buon compromesso, non limitato alla repressione.

Il tema degli smartphones a scuola mi permette però di fare delle osservazioni più in generale in merito alle nuove tecnologie e al loro impatto su questioni pedagogiche, didattiche e di sviluppo dell’apprendimento nei nostri giovani.

Innanzitutto, in nome di una presunta libertà personale, c’è chi considera lo smartphone un privilegiato supporto didattico per gli studenti in aula (della scuola dell’obbligo, si badi bene!). Mi permetto di dissentire da questa affermazione! Da docente – delle elementari, quindi un settore non direttamente coinvolto con la questione – trovo inappropriata, se non in situazioni particolari, questa idea. Innanzitutto non tutti potrebbero avere il telefono a scuola, quindi vi sarebbe una disparità tra gli allievi. Inoltre, fattore ancor più importante, conosciamo bene l’effetto distraente che gli smartphones portano con sé: ci sarebbe il rischio, concreto, che anziché pensare all’utilizzo didattico gli allievi si occupino di altre utilizzazioni, per nulla pertinenti con l’attività scolastica.

Una risposta a questa tematica, ossia l’utilizzo delle nuove tecnologie per favorire l’attività didattica a scuola, certamente opportuna, è fornita invece dal messaggio 7547 del DECS, approvato dal GC alla fine della scorsa legislatura, con un credito di oltre 47 mio per l’informatizzazione delle scuole cantonali. È in questa direzione che occorre andare, ossia adeguare tutte le scuole cantonali dei mezzi tecnologici necessari.

In merito a questo messaggio, rilevo due aspetti importanti a proposito.

Il primo, proprio in risposta a chi vorrebbe lo smartphone quale sussidio didattico a scuola, mi trova concorde con ciò che il DECS scrive sul messaggio, ossia che “va tenuto ben presente la promozione delle eguali opportunità di accesso alle tecnologie digitali fra allievi di origini socio-economiche diverse”. Cioè: è la scuola che deve fornire le tecnologie da utilizzare (e non le famiglie)!

In secondo luogo, noto invece un problema: nel messaggio in questione, non si fa riferimento, se non in modo sbrigativo, all’aspetto a mio avviso più importante: prima di attuare ingenti investimenti legati alle nuove tecnologie, occorre pensare ai motivi pedagogico-didattici e agli obiettivi che spingono il Cantone ad andare in questa direzione, come pure all’essenziale tema della formazione dei docenti per questo settore specifico! Il rischio è che ci si doti degli strumenti tecnologici, ma poi – senza la definizione del “contesto educativo” attraverso questa innovazione tecnologica si sviluppa – la loro efficacia venga meno.

Fortunatamente, almeno il rapporto della CdG (redatto da Nicola Pini in collaborazione con Michele Guerra) sottolinea che “il miglioramento dell’infrastruttura digitale deve accompagnarsi da un riflessione sull’utilizzo della stessa, tramite un approfondimento pedagogico e educativo”. Speriamo quindi che l’implementazione delle nuove tecnologie tenga in considerazione questo imprescindibile aspetto.

Affermo ciò perché proprio in una recente pubblicazione, intitolata “Il digitale a scuola. Rivoluzione o abbaglio?”, a cura del ricercatore Marco Gui dell’Università degli Studi Bicocca di Milano, emergono interessanti e importanti conclusioni di ricerche e studi (non in Svizzera), di cui dobbiamo far tesoro:

1)    La ricerca dice che l’immissione di strumenti digitali nella scuola non ha migliorato l’apprendimento negli studenti. Anzi! Probabilmente perché si ha avuto troppa fretta nell’implementare le nuove tecnologie, senza anteporre le finalità educative della scuola per il bene degli adulti di domani. Laddove, per contro, si è proceduto con un lavoro preparatorio e di senso, i risultati sono migliori. È essenziale, dunque, che non si faccia lo stesso errore da noi.

2)    Ciò che oggi serve di più ai nostri figli, e di cui anche la scuola si dovrebbe occupare, non è la digitalizzazione della didattica con l’introduzione delle nuove tecnologie, bensì la promozione dello sviluppo di un uso consapevole dei media.

3)    Non c’è alcuna evidenza che porti a pensare allo smartphone come ad uno strumento adatto a essere utilizzato con continuità nella didattica scolastica.

Sono conclusioni che sorprenderanno probabilmente alcuni; non chi, come il sottoscritto, sa che accanto alle nuove tecnologie nella scuola (introdotte con consapevolezza) servano piuttosto relazioni reali, empatia e approccio umano. Sono conclusioni che non possono lasciarci indifferenti; che portano a chiederci, come afferma provocatoriamente il noto psicoterapeuta Alberto Pellai, se nella scuola di oggi non sia il caso di avere “meno schermi e più umanizzazione, educazione emotiva e vita sociale.”

Non bisogna mettere in contrasto queste visioni sul futuro della scuola, ma individuare senza pregiudizi e spirito critico quel giusto equilibrio per la crescita cognitiva e morale dei nostri allievi. Guai a privilegiare le nuove tecnologie a scapito delle relazioni umane!

A me sembra che le conclusioni del rapporto di Alessandro Speziali vadano proprio in questa direzione.

Aron Piezzi
a nome del gruppo PLR