Interrogazioni

Obbligo di patentino per i trattamenti in vigna: una richiesta sproporzionata che arrischia di mettere in difficoltà i vigneti tradizionali e i viticoltori hobbisti?

11 giugno 202

Viviamo nell’epoca delle esagerazioni e degli ingigantimenti. L’invadenza della burocrazia, con la sua pretesa di controllare e valutare tutto, si trasforma in un incubo che porta più disagi che benefici. A svantaggio anche del bene pubblico, come nell’esempio del presente atto parlamentare.

Stiamo vivendo, infatti, questa situazione pure nel settore viticolo, dove vige l’obbligo di ottenere un patentino per poter procedere ai trattamenti fitosanitari nei vigneti. Nessun problema, ovviamente, per i professionisti del ramo. Le criticità emergono per i viticoltori hobbisti, che di regola si occupano dei vigneti tradizionali, spesso impervi e comunque di più difficile gestione. L’obbligo di conseguire il patentino è cioè un ulteriore aggravio alla di per sé già onerosa attività in vigna per i viticoltori non professionisti. Da ribadire che il loro operato contribuisce alla qualità del nostro paesaggio diversificato.

Il Servizio fitosanitario della Sezione dell’agricoltura da qualche anno propone dei corsi per ottenere questo patentino. Essi prevedono addirittura quattro giornate: tre di preparazione e uno di esame. Un compito quasi proibitivo per chi è attivo professionalmente; un impegno (ulteriore) poco stimolante per chi, da pensionato, ha dedicato una vita alla cura del proprio vigneto. In più, tali corsi si svolgono solo a Mezzana e a Bellinzona: una difficoltà supplementare per chi vive ed opera nelle periferie. Con il presente atto parlamentare, invece, non entro nel merito della questione costi (350 fr per la frequenza del corso, materiale ed esame), in quanto ritenuto non prioritario.

In merito alla tematica sollevata, mi permetto di porre le seguenti domande.

1.    Qual è la frequenza dei corsi organizzati finora dal Servizio fitosanitario? Quanti sono i viticoltori hobbisti che devono ancora ottenere il patentino?

2.    Ma per svolgere egregiamente i trattamenti in vigna, nel rispetto delle normative vigenti (che giustamente orientino ad utilizzare prodotti sostenibili e in sicurezza), sono proprio necessarie tre giornate intere di corso e addirittura un esame finale? Non è il caso di rivedere l’attuale modalità organizzativa del corso, rendendola più incentivante, snella e proporzionata al compito che il viticoltore sarà chiamato a svolgere?

3.    Per i pensionati e i piccoli viticoltori che possiedono piccole superfici di vigna e con una resa produttiva minima, non si potrebbe pensare a un corso più breve e agile, in cui vengano fornite le nozioni necessarie per poter continuare a svolgere la propria passione viticola, senza esami ma con un certificato di frequenza?

4.    Perché, inoltre, non coinvolgere le cinque sezioni ticinese di FEDERVITI e organizzare con loro queste formazioni? Sarebbe una modalità più capillare e stimolante, contribuirebbe a (ri)dare lustro e responsabilità alle varie sezioni ticinesi e (perché no?) permetterebbe di avvicinare ulteriormente i viticoltori hobbisti a queste organizzazioni (in lenta ma costante perdita di aderenti). Attraverso, però, una formazione proporzionata e adatta all’effettivo compito che poi i viticoltori saranno tenuti poi a svolgere; che incentivi (e non scoraggi) i viticoltori non professionisti ad andare in questa direzione.

5.    È ancora allo studio del Consiglio di Stato la mia mozione 1741 “Nuove idee per la tutela dei vigneti tradizionali”, che propone – tra le altre cose – l’erogazione di puntuali incentivi finanziari per la tutela dei vigneti tradizionali. Perché non sviluppare sinerige tra la mozione appena citata e il tema sollevato da questa interrogazione? Ad esempio, molto banalmente, l’ottenimento del patentino fitosanitario e l’auspicata affiliazione alla locale sezione dei FEDERVITI potrebbero essere la condizione per ottenere gli incentivi finanziari citati.

Senza un presa di coscienza che la modalità attuale proposta dal Servizio fitosanitario sia limitante o addirittura controproducente, si andrà incontro ad una conseguenza inevitabile: l’ulteriore abbandono dei viticoltori hobbisti e dei vigneti tradizionali. Ciò creerà l’impoverimento del nostro territorio, un’irreversibile banalizzazione naturalistica e paesaggistica e la scomparsa di un atto culturale profondamente in simbiosi con la terra.

Aron Piezzi 
deputato PLR