Interrogazioni

“Roba DiMat”! Approccio di differenziazione in matematica a rischio a seguito del mancato sostegno del DECS?

08 ottobre 2019

DiMat è una proposta pedagogica e didattica ideata nei primi anni ’90 del secolo scorso, che mira a favorire l’insegnamento-apprendimento differenziato in ambito matematico nel secondo ciclo della scuola elementare. Tiene conto, entro i limiti praticabili in situazione collettiva, delle caratteristiche degli allievi: diversità dei ritmi, delle possibilità e delle modalità di apprendimento; strategie diverse di risoluzione dei compiti e di interazioni socio-affettive; gradi diversi di autonomia, capacità di autovalutazione e di consapevolezza delle modalità di lavoro.

Io stesso, per un decennio, nella scuola elementare, ho proposto questo approccio ai miei allievi, con esiti positivi, sia per me che per gli allievi. DiMat, tra l’altro, è stato precursore di altre forme di differenziazione nella scuola dell’obbligo: mi riferisco in particolare all’approccio, sempre in matematica, proposto nel primo ciclo e nell’ambito della lingua (comprensione della lettura, detective story).

Stando a un articolo apparso su “LaRegione” martedì 1 ottobre, DiMat arrischia di estinguersi a causa del mancato sostegno del DECS ai corsi di formazione per i docenti. Il direttore della Divisone della scuola Emanuele Berger riconosce i meriti storici di DiMat, ma ritiene, visto che “la didattica della matematica e le teorie pedagogiche sono evolute (…) non (…) più opportuno che esistano corsi specifici DiMat.” E questo, nonostante un’indagine della SUPSI del 2015 attesti risultati statisticamente leggermente superiori, nei vari ambiti d’apprendimento, degli allievi che hanno seguito DiMat rispetto a coloro che non hanno seguito l’approccio.

Da notare che nel 2018 circa la metà degli allievi ticinesi del secondo ciclo di SE seguivano questo approccio; è ovvio che senza la necessaria formazione specifica per i docenti, come paventa il DECS, ciò porterebbe al graduale abbandono dell’approccio (oppure ad una sua attuazione scorretta da parte di docenti non formati). È dunque paradossale che Berger affermi che ciò “non vuol dire che non si possa utilizzare DiMat: vige in ogni caso la libertà didattica di ogni docente”. Ma l’incoerenza va oltre: Berger afferma che “i contenuti di DiMat sarebbero da rivedere perché (…) non sono esplicitamente collegati al Piano di studio (PDS).” Delle due l’una: perché, dunque (e questa è una provocazione), permettere di utilizzare DiMat se questi non è in accordo con il nuovo PDS?

A fronte di tale di situazione di stallo, è normale che parecchi direttori e docenti siano quantomeno disorientati e perplessi. DiMat è un approccio certamente perfettibile, da migliorare e adattare (soprattutto nei materiali): convinzioni espresse a più riprese dai promotori e dai formatori (e penso pure dai docenti); ma ciò non significa che l’impianto pedagogico-didattico sia superato.

1.    Qual è l’opinione di ispettori, direttori e docenti in merito a questa scelta del DECS? Sono stati convenientemente coinvolti tali attori che giornalmente si occupano dell’insegnamento-apprendimento della matematica? Le loro opinioni sono state prese in considerazione?

È quantomeno strano sentirsi dire che i principi di DiMat non si integrino nel nuovo PDS. Differenziazione dell’insegnamento e competenze trasversali sono punti cardine sia di DiMat che del nuovo PDS. Trovo inspiegabile il fatto che non si sia riusciti a individuare una sinergia comune, valorizzando (aggiornandolo e adattandolo alle tanto decantate nuove teorie e didattiche della matematica) un approccio nato e sviluppatosi nel territorio e ancora ben radicato, oggi, con successo.

 2.    Sia “La scuola che verrà” che il nuovo PDS, avevano (e hanno), opportunamente, l’ambizione di “promuovere riforme tra continuità e innovazione”. Come mai il DECS, in questo caso specifico, non ha preso in considerazione (con approccio critico ma costruttivo) la più importante esperienza di differenziazione pedagogica attuata nella SE ticinese, che ha coinvolto, negli anni, 35'000 allievi circa e che è tuttora in atto?

3.    Su quali documenti pedagogici scientificamente documentati, che presentino un’analisi specifica dell’impostazione pedagogico-didattica di DiMat, si è basato, il DECS, per decidere di non più sostenere, istituzionalmente, l’approccio, all’inizio delle riforme introdotte (“La scuola che verrà” e il PDS) e per sospendere i corsi specifici di formazione all’uso di DiMat?

A quanto mi risulta, e secondo quanto indicato da Berger e dai promotori di DiMat nell’articolo evocato, sono stati numerosi i tentativi sia del DECS che del Gruppo formatori di coinvolgimento degli operatori DiMat nei gruppi di lavoro preposti all’elaborazione del nuovo PDS. Non sempre il dialogo è stato proficuo. I formatori DiMat lamentano una certa ambiguità comunicativa: alcune risposte del DECS hanno lasciato intendere un’apertura verso il DiMat, poi, nei fatti, sono state smentite; oppure lettere/e-mails all’indirizzo della Divisione scuola sono rimaste senza risposta.

4.    Corrisponde al vero che più volte i promotori dell’approccio DiMat e i formatori abbiano provato in vari modi a dialogare con il DECS per evitare che questa risorsa del sistema educativo ticinese cadesse nel dimenticatoio, e la risposta è stata quella di trovarsi “di fronte a un muro”? O, meglio, all’intransigenza – cioè alla poca flessibilità – di chi ha la responsabilità dell’implementazione del nuovo PDS nell’ambito della matematica?

Anche in questo caso sembrerebbe che i contenuti del nuovo PDS, certamente di qualità e pedagogicamente all’avanguardia, si scontrino con la reale pratica quotidiana dell’insegnamento, concetto evocato a più riprese anche in altri atti e situazioni. Soprattutto, viene criticata una certa assenza di “ascolto e di apertura” (con spirito critico, beninteso) nei confronti di chi la pensa diversamente, come il caso specifico sembra dimostrare.

5.    In una realtà variegata e complessa come quella scolastica, come è possibile non tenere in considerazione diverse forme di visione e progettualità pedagogica? Come è possibile non tenere in considerazione idee, proposte, critiche, di chi la scuola la fa ogni giorno e che chiede – umilmente – di integrare le teorie pedagogiche più recenti con la propria pratica riflessiva nata sul campo? Senza di ciò, si acuisce la sensazione che il Dipartimento agisca con una logica dirigista, intransigente, con un solo credo e con poca disponibilità all’ascolto.

6.    Il DECS, per voce del direttore della Divisione scuola, afferma che i formatori di DiMat, o i suoi rappresentanti nei gruppi di lavoro, non si sono mai “implicati nel processo di elaborazione del nuovo Piano di studio”. Viene confermata questa affermazione? Segnatamente, da parte di chi è responsabile e gestisce i gruppi di lavoro per la messa in atto del nuovo Piano di Studio, c’è stata e c’è la disponibilità ad accogliere i principi pedagogici e metodologici di DiMat? Da informazioni assunte sembra che tale disponibilità sia stata esplicitamente negata. Conferma il DECS tale situazione? Conferma o smentisce il DECS l’affermazione che “in questi gruppi di lavoro si ragionava ponendo l’alternativa fra il nuovo PDS e il DiMat”?

Con senso autocritico e oggettività, promotori e formatori di DiMat hanno ribadito più volte la necessità di adattare e aggiornare i materiali dell’approccio anche con il coinvolgimento degli attori principali, ossia i docenti. A questo proposito, avevano elaborato un questionario per riflettere sulla compatibilità fra DiMat e le competenze trasversali proposte nel nuovo PDS.

7.    Come mai questo questionario è stato bloccato dal direttor Berger? Non si pensa, comunque, che raccogliere informazioni da parte di un gruppo di formatori possa essere importante per calibrare il tiro? Non è importante, per il capo della Divisione scuola, che dei formatori raccolgano l’opinione dei docenti?

8.    Sempre a proposito del fatto di sondare l’opinione dei docenti e delle autorità scolastiche rispetto a DiMat, il gruppo di formatori ha pure proposto di organizzare un’inchiesta per esplorare la necessità di svolgere dei corsi specifici di formazione a DiMat e raccogliere le loro indicazioni in vista della revisione dei materiali. Perché a questa richiesta non è stata data risposta?

Sempre nell’articolo de “LaRegione”, il direttore Emanuele Berger afferma che “dal momento che stiamo già formando i docenti alla differenziazione, non è più opportuno che esistano dei corsi specifici di DiMat”. Dalla mia esperienza (e, sono certo, anche da quella di molti colleghi) rilevo, invece, che DiMat è caratterizzato da scelte didattiche specifiche, acquisibili attraverso un percorso formativo ad hoc, in assenza del quale si possono generare effetti non desiderati delle applicazioni concrete dello stesso. Il corso è quindi indispensabile per dare un futuro a DiMat.

9.    Non risulta che, nell’ambito della formazione dei docenti al DFA, ci siano corsi e moduli specifici alla differenziazione pedagogica che permettano di svolgere con pertinenza l’approccio DiMAT tuttora diffuso sul territorio; chiedo perciò al DECS quali siano le formazioni specifiche per evitare che i nuovi docenti e quelli che decidono di attuare DIMAT per la prima volta o ricevono una classe che già attua l’approccio, non generino effetti indesiderati?

In merito alla più volte sottolineata volontà da parte di promotori e formatori di DiMat di aggiornare contenuti e materiali, va aggiunto un elemento. Il professor Giorgio Ostinelli, dottore in pedagogia, già docente a contratto presso le Università degli Studi di Bologna e Cattolica di Milano,  e consulente didattico per la Divisione professionale ma pure della Divisione scuola, ha elaborato un’analisi indipendente e critica sull’approccio DiMat, evidenziandone pregi, difetti e indagandone la coerenza o meno rispetto alle riforme in atto nel mondo della scuola. Tra le conclusioni a cui è giunto il professor Ostinelli, oltre a sollevare critiche puntuali e a sollecitarne il suo aggiornamento, quella principale sottolinea che “DiMat è una realtà presente sul territorio ticinese, di conseguenza costituisce un punto di partenza dal quale non si può prescindere se si vuole riformare la scuola dell’obbligo.”

10. Visto che tale analisi è stata recapitata anche alla Divisione della scuola, e considerata l’autorevolezza dell’Autore, come mai a tale rapporto non è stata accordata la dovuta considerazione?

L’articolo citato su “LaRegione” ha suscitato non poche perplessità in parecchi attori del mondo della scuola e pure in alcune famiglie. La posizione del DECS rispetto a DiMat sembra far emergere, e non è solo un mio parere, l’incapacità di trovare soluzioni condivise, ambiguità e ritardi d’ordine comunicativo oltre a una certa qual perdita di autorevolezza da parte delle Divisione scuola. A volte si viene a conoscenza di informazioni importanti sul funzionamento della scuola tramite i media. Mettiamoci, ad esempio, nei panni dei genitori di figli che seguono DiMat, magari in terza elementare, quindi all’inizio del percorso formativo: cosa possono pensare? Sono noti al sottoscritto, infatti, casi in cui i genitori chiedono spiegazioni ai docenti per la situazione venutasi a creare a seguito di quanto apparso sui media.

11. Il DECS come pensa di far fronte a questa incertezza e ambiguità comunicativa? Come pensa reagiscano i genitori i cui figli seguono DiMat leggendo la frase del capo divisione “Se un metodo è ritenuto non attuale è ovvio che le risorse s’investono altrove”?

12. È disponibile il DECS – come auspicano molti docenti, ne sono certo – a ritornare sulla sua infelice decisione di abbandonare l’organizzazione di corsi di formazione specifici per l’attuazione di DiMat?

13. Visto che il nuovo PDS sembra sia in fase di affinamento e revisione (dopo l’implementazione a tutti i docenti), il DECS non pensa che sia il momento di fare finalmente chiarezza e trovare una soluzione affinché DiMat (con le opportune modifiche) possa integrarsi nel PDS?

Concludo questa articolata interrogazione manifestando nuovamente la mia perplessità per il modo d’agire della Divisione scuola. La scuola del futuro deve costruirsi tra “continuità e innovazione”, come del resto veniva proclamato ne “La scuola che verrà” e sembra caratterizzare anche il nuovo Piano di studio. L’esempio di DiMat, purtroppo, sembra dimostrare il contrario: un approccio pioneristico di differenziazione pedagogica, nato e svilupattosi nel territorio, ancora oggi spesso ben accolto, va adattato, aggiornato, coeso nel nuovo PDS, non contrastato e messo nel dimenticatoio come taluni vorrebbero.

Ringrazio per l’attenzione e la risposta.

Aron Piezzi
deputato PLR